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eldavidinho94
26.04.2010, 13:07
Calciopoli: arrivano le 202 pagine della condanna di Giraudo

http://www.tuttosport.com/images/32/C_3_Media_541632_immagine_l.jpg


Sarà disponibile tra poco la sentenza del rito abbreviato scritta dal Gup Eduardo De Gregorio per l'ex ad della Juve e altri tre arbitri. Si attende poi la presentazione dell'appello da parte degli interessati

NAPOLI, 26 aprile - È attesa a momenti l'uscita delle 202 pagine della motivazione della sentenza del rito abbreviato scritta dal Gup Eduardo De Gregorio che ha inflitto ad Antonio Giraudo la condanna per associazione a delinquere lo scorso 14 dicembre a Napoli. Condannati con l'ex ad anche l'ex presidente dell'Aia, Tullio Lanese (due anni) e gli arbitri Tiziano Pieri (due anni e quattro mesi) e Paolo Dondarini (due anni).

SECONDA SENTENZA - È la seconda sentenza sulle vicende di Calcipoli dopo quella dello stralcio Gea pronunciata nel gennaio 2009 dal giudice Fiasconaro al Tribunale di Roma. È però la prima sentenza del filone principale, che sta - secondo il rito normale - sviluppandosi di fronte alla IX sezione del Tribunale di Napoli dove sono imputati per associazione a delinquere e frode sportiva Moggi e altre 23 persone.

IN DUBBIO ANCELOTTI - A tal proposito domani prenderà corpo un'ennesima udienza: in dubbio l'arrivo da Londra di Carlo Ancelotti, al controesame dei PM e degli avvocati si sottoporrà l'ispettore di Polizia Salvagno, che condusse l'indagine di Torino su Moggi e Pairetto, e il giudice del Csm Cosimo Ferri.

IL RICORSO - Lette le motivazioni si attende nelle prossime ore la presentazione della domanda d'appello degli imputati. Ricordiamo che sono stati assolit nel medesimo rito abbreviagto l'arbitro Rocchi, Messina, Baglioni, Foschetti, Cassarà, Gabriele, Griselli.

alessandro magno
26.04.2010, 16:40
Ecco perché le motivazioni della sentenza di De Gregorio rischiano di essere superate dai fatti nuovi di Calciopoli/2

http://www.tuttosport.com/images/36/C_3_Media_824636_immagine_l.jpg


Nelle 202 pagine il Gup De Gregorio afferma che è certa l'esistenza di dati sicuri che provano l'esistenza di un'associazione per delinquere che condizionava il mondo del calcio italiano. Eppure oggi sappiamo che le telefonate su quei temi che sostanziano il peso dell'accusa erano di molti, se non di tutti. Sulle sim manca l’elemento di contesto: Moggi pedinato e intercettato dalla security Telecom. Ora sarà inevitabile l’appello, ma intanto tre anni Giraudo se li è presi e forse difendendosi in altro modo avrebbe potuto evitarseli


NAPOLI, 26 aprile - L’impressione che si trae leggendo le 202 pagine vergate dal gup De Gregorio, se appassionati seguaci del filone Calciopoli e se assidui frequentatori – come chi scrive – delle udienze del processo con rito normale in corso a Napoli è che queste motivazioni ripercorrano pedissequamente il lavoro fatto dai pm e le loro sintesi fino al 2007. Pochi i casi in cui si aderisce alle motivazioni difensive addotte – va ricordato – nel rito abbreviato praticamente solo con memorie difensive, senza ascolto di testi e senza nuovi elementi. E’ un salto nella Calciopoli del 2006, quella del processo sportivo, quella in cui di griglie parlava solo Moggi. Oggi sappiamo che le telefonate su quei temi che indicano la gravità dell’accusa e sostanziano il peso della sentenza inflitta a Giraudo erano di molti, se non di tutti. Sappiamo che Begramop aveva parlato anche alla Figc di cene e chiamate da Facchetti, Meani, Sacchi, Capello e altri dirigenti, sappiamo che ci sono altre intercettazioni trascurate dall’accusa e quindi che De Gregorio non può conoscere.

LE RIFLESSIONI - Sulle sim manca l’elemento di contesto: Moggi pedinato e intercettato dalla security Telecom per un anno. Si dà per scontato che fosse grave chiamare Bergamo, ipotizzando soltano (perché non ci sono riscontri) di contatti diretti con arbitri presentissimi nelle nuove intercettazioni che l’11 maggio saranno date in pastyo ai trascrittori e a giugno alla Figc. Insomma, manca tutto quello che tsa emergendo dal processo Moggi, dove a picchiare sull’incudine non è solo il martello del’accusa, ma anche chi lavora al servizio delel difese. Ecco perché, oggi in particolar modo, pare incomprensibile la scelta di Giraudo di difendersi in un rito mozzo qual è quello abbreviato visto che De Gregorio e i pm ritenevano il suo essere dirigente apicale della Juve e consigliere federale un elemento fortissimo d’accusa per il reato di associazione a delinquere volta a cogestire (a livello arbitrale e politico) il calcio in Italia. Arriverà l’appello, ma intanto tre anni Giraudo se li è presi e forse difendendosi in altro modo avrebbe potuto evitarseli.

<cite class="txt_Author">Alvaro Moretti</cite>

eldavidinho94
26.04.2010, 17:30
la prima parte della sentenzaCalciopoli: arrivano le 202 pagine della condanna di Giraudo

http://www.tuttosport.com/images/32/C_3_Media_541632_immagine_l.jpg


Esistono «dati certi» che provano l'esistenza di un'associazione per delinquere che condizionava il mondo del calcio italiano. Questa in sostanza la motivazione della sentenza di rito abbreviato scritta dal Gup Eduardo De Gregorio per l'ex ad della Juve e altri tre arbitri depositata oggi in Cancelleria. Si attende poi la presentazione dell'appello da parte degli interessati

NAPOLI, 26 aprile - È uscita la motivazione di ben 202 pagine che descrive la sentenza del rito abbreviato scritta dal Gup Eduardo De Gregorio che ha inflitto ad Antonio Giraudo la condanna per associazione a delinquere lo scorso 14 dicembre a Napoli. Condannati con l'ex ad anche l'ex presidente dell'Aia, Tullio Lanese (due anni) e gli arbitri Tiziano Pieri (due anni e quattro mesi) e Paolo Dondarini (due anni).

SECONDA SENTENZA - È la seconda sentenza sulle vicende di Calcipoli dopo quella dello stralcio Gea pronunciata nel gennaio 2009 dal giudice Fiasconaro al Tribunale di Roma. È però la prima sentenza del filone principale, che sta - secondo il rito normale - sviluppandosi di fronte alla IX sezione del Tribunale di Napoli dove sono imputati per associazione a delinquere e frode sportiva Moggi e altre 23 persone.

IN DUBBIO ANCELOTTI - A tal proposito domani prenderà corpo un'ennesima udienza: in dubbio l'arrivo da Londra di Carlo Ancelotti, al controesame dei PM e degli avvocati si sottoporrà l'ispettore di Polizia Salvagno, che condusse l'indagine di Torino su Moggi e Pairetto, e il giudice del Csm Cosimo Ferri.

IL RICORSO - Lette le motivazioni si attende nelle prossime ore la presentazione della domanda d'appello degli imputati. Ricordiamo che sono stati assolit nel medesimo rito abbreviagto l'arbitro Rocchi, Messina, Baglioni, Foschetti, Cassarà, Gabriele, Griselli.

LE MOTIVAZIONI/1 - Esistono alcuni «dati certi» che provano l'esistenza di un'associazione per delinquere che condizionava il mondo del calcio italiano. È questo in sostanza quanto emerge dalle motivazioni della sentenza emessa il 14 dicembre scorso dal gup Eduardo De Gregorio al termine di un processo svoltosi con rito abbreviato nei confronti, tra gli altri, dell'ex amministratore delegato della Juventus Antonio Giraudo e dell'ex presidente dell'Aia Tullio Lanese. Le motivazioni sono contenute in 202 pagine depositate oggi in cancelleria. Tra gli elementi certi che provano la sussistenza di una associazione per delinquere il gup sottolinea in particolare le schede sim di gestori stranieri che l'ex dg della Juventus Luciano Moggi avrebbe fornito a arbitri, designatori e dirigenti di altre società nonchè le frequenti riunioni che si svolsero nel periodo monitorato dalle indagini tra i vertici della società bianconera, i designatori Bergamo e Pairetto, Lanese, e l'ex vice presidente della Figc Innocenzo Mazzini. Per quanto riguarda la posizione di Giraudo condannato a tre anni al termine del processo con rito abbreviato, il giudice De Gregorio sottolinea «il peso che l'uomo aveva nell'ambiente calcistico, peso sul piano logico compatibile piuttosto che con la sua qualità di amministratore di una società avente pari dignità di altre, con la sua appartenenza ad un gruppo organizzato ed influente sulle cose di calcio».

LE MOTIVAZIONI/2 - Il sodalizio accusato di aver governato illecitamente il calcio italiano raggiunse tutti i suoi scopi. Lo sostiene il gup di Napoli Eduardo De Gregorio, nelle motivazioni del processo di Calciopoli svoltosi con rito abbreviato, quando si sofferma sugli elementi alla base del reato di associazione per delinquere contestato ai principali imputati. «Quanto all'efficienza del sodalizio, altro sicuro indice rivelatore della sua esistenza - scrive il gup De Gregorio - va sottolineato che esso raggiunse tutti gli scopi già programmati e quelli che, nel corso degli eventi, si propose di conseguire». Il magistrato si sofferma sull'esito del campionato 2004-2005. «Sul punto - osserva - è necessario e sufficiente rimarcare che, attraverso diversificate attività illecite, la compagine riuscì a determinare l'esito del campionato di calcio sia con riguardo all'assegnazione della vittoria finale della Juventus (all'evidenza scopo principale del gruppo), sia con riguardo alla retrocessione in serie inferiore, cui illecitamente fu sottratta perlomeno la Fiorentina».

LE MOTIVAZIONI/3 - «I componenti del gruppo che amministrava di comune accordo il campionato di calcio - scrive il gup in un altro passaggio del capitolo sul reato associativo - ebbero lo scopo comune di programmare e compiere una serie indeterminata di delitti come si ricava dalla chiara acquisizione processuale secondo la quale essi organizzarono le frodi sportive non solo con riguardo ad incontri di calcio in cui era impegnata la società juventina, ma furono aperti ad ogni altra occasione illecita, come verificatosi durante l'impresa di salvataggio della Fiorentina, cui parteciparono anche Giraudo e Moggi in modo determinante». «Detta iniziativa, in sè illecita, poichè realizzata con le attività fraudolente, a sua volta - osserva il giudice - ebbe per voluta conseguenza l'aumento del prestigio e della forza del gruppo nei confronti dell'intero settore ed in specie degli esponenti di quella società che in precedenza erano ed essi contrari».

Luca
26.04.2010, 18:37
bè se il tutto gira intorno all'associazione per delinquere, allora con i nuovi fatti del processo di Napoli, vedo un assoluzione piena nel processo di appello

alessandro magno
26.04.2010, 19:05
io invece pensavo . è possibile che queste motivazioni di questa sentenza escano giusto il giorno prima di una audizioni in cui vengono annunciate forti novità e nuovi contenuti?

....a pensar male si fà peccato però .....

Luca
26.04.2010, 19:10
No vabbè dovevano uscire per forza oggi perchè i tempi sono fissi e dipendono da quando è stata emessa la sentenza.

il fatto importante è che viene specificato che il Giudice di Giraudo non aveva le prove delle nuove intercettazioni e quindi si è basato solo ed esclusivamente sui fatti di calciopoli 1 (come fecero nel processo sportivo)

alessandro magno
26.04.2010, 19:13
se è cosi meglio , allora vuol dire che le intercettazioni venute fuori ora contano eccome

Luca
26.04.2010, 19:16
contano si perchè la motivazione princiapale è che Giraudo faceva parte con Moggi e gli arbitri di un'associazione a delinquere.

le nuove intercettazioni invece dimostrano che l'associazione non c'era e se c'era non era formata solo da Moggi e Giraudo ma anche da quasi tutti i presidenti e dirigenti di mezza serie A

alessandro magno
26.04.2010, 19:19
esatto. o se c'era , ce n'era piu di una :icon_wink:

AlexnelCuore
26.04.2010, 23:14
MOTIVAZIONI DEMOTIVANTI

di Massimo Pavan (http://www.tuttojuve.com/?action=contatti&idutente=52&id=20065)

Ieri sono uscite le motivazioni sulla sentenza relativa al processo ad Antonio Giraudo. 202 pagine belle fitte che però demotivano chi le legge.
Per la cronaca, in attesa dell’appello Giraudo è stato condannato per associazione a delinquere con l'ex presidente dell'Aia, Tullio Lanese e gli arbitri Tiziano Pieri e Paolo Dondarini. Ricordiamo che sono stati assolti l'arbitro Rocchi, Messina, Baglioni, Foschetti, Cassarà, Gabriele, Griselli. Il giudice definisce che ci sono eventi che provano l’esistenza di una cupola che condizionava il calcio. Si sostiene che Giraudo avesse relazioni abituali con i designatori e con altri personaggi della cupola e che partecipasse a cene e incontri segreti.
Bhe, secondo il giudice lo scopo era far vincere la Juventus e salvare la Fiorentina. Dire che ci sono incongruenze è veramente il minimo. Strano che questa cupola arrivasse alla partita decisiva con arbitro Collina, partita vinta dalla Juventus nonostante le pressioni rossonere su arbitri e guardalinee. Strano che nella cupola non ci fosse nessuno della Fiorentina. Una persona che ascolta le motivazioni della sentenza ha dei dubbi che hanno la grandezza dell’Empire State Building di New York. I dubbi ci sono e non sono pochi. Il fatto che nel rito abbreviato la difesa non ha potuto portare prove, ha sicuramente inciso. Bisognerà, forse aspettare l’appello per avere un quadro più definito.
Sono per curiosità andato a vedere le partite indagate, con gli arbitri in oggetto, considerando la bibbia delle investigazioni, vale a dire la Gazzetta dello Sport….
Juventus-Chievo 3-0 (31 ottobre 2004), arbitro Pieri…Nessun ammonito. Voto Gazzetta dello Sport per l'arbitro Pieri: 6,5 Da solo sbaglia poco. Gli errori più evidenti, semmai, sono dei suoi assistenti su un paio di fuorigioco. Partita finita 3-0, poco da dire direi
Juventus-Lazio 2-1 (5 dicembre 2004)
Designazione di Dondarini, Baglioni e Alvino. Indagati Moggi, Giraudo, Bergamo, Pairetto, Dondarini, Baglioni ed Alvino. Nella moviola del giorno dopo sono due i casi discussi, uno per parte. Dondarini non vede un rigore per la Juve (trattenuta di Talamonti su Ibrahimovic) e uno per la Lazio (uscita di Buffon su Inzaghi che cade in area). Ma i biancocelesti recriminano anche per una rimessa invertita da cui nasce il secondo gol juventino. Bhe…le rimesse laterali contano…parecchio.
Bologna-Juventus 0-1 (12 dicembre 2004): Il Bologna non gradisce l'arbitro (polemiche per Bologna-Roma 3-1) e protesterà a lungo. Il caso nasce per un rigore non dato per fallo di Thuram su Cipriani, quando le squadre sono ancora sullo 0-0. Ma anche la punizione da cui nasce il gol bianconero, nel finale, è molto contestata: al 41' viene fischiata per un fallo di Capuano più che dubbio.
Per non influenzare nessuno ho proprio portato tali e quali i commenti dal sito Gazzetta o dai giornali dell'epoca.
Queste sono le uniche partite su cui si è indagato…che coinvolgono arbitri condannati… penso che ogni commento sia superfluo…. per capire come l'analisi l'abbia fatta qualcuno che dista anni luce da un prato verde.

gabriele
28.04.2010, 16:44
Ho trovato questo interessante articolo su giùlemanidallajuve e penso che se Giraudo ha un bravo avvocato in appello verrà assolto


<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 width=570 border=0><TBODY><TR><TD class=style15 vAlign=center align=middle height=100>Supposizioni di primo grado. Parte I</TD></TR><TR><TD align=middle colSpan=3 height=15>

</TD></TR><TR><TD align=left colSpan=4>Il voluminoso documento contenente le motivazioni della condanna a Giraudo (e altri) per associazione a delinquere merita più di una considerazione.</B>

Nel tentativo di giustificare una condanna per certi versi sorprendente, il GUP De Gregorio ha probabilmente calcato troppo la mano, senza andare tanto per il sottile. E così, già a pag.2 cominciano i fuochi artificiali: “(Moggi, Giraudo, Bergamo, Pairetto, ecc., ndr) si associavano tra loro e con altre persone in corso di identificazione, avendo già nel passato condizionato l’esito di campionati di calcio di Serie A, con particolare riguardo a quello del 1999/2000, che fu sostanzialmente condizionato sino alla penultima giornata (quando si giocò Juventus-Parma, diretto da Massimo DE SANTIS e terminato con il risultato di 1-0, e non riuscendo nell’intento di garantire alla Juventus la vittoria finale, in quanto gli accordi illeciti già stabiliti vennero compromessi dal clamore suscitato provocato dall’arbitraggio apertamente favorevole alla squadra torinese da parte di DE SANTIS (…)”. Occorrono un paio di precisazioni. La parentesi che si apre e non si chiuderà mai più è opera del magistrato e non è un errore di trascrizione. Così come lo strano linguaggio, che prevede l’utilizzo di sinonimi a raffica (“suscitato provocato”), è tutta farina del suo sacco. Ma veniamo al nocciolo della questione. Oggi finalmente lo scopriamo: al bar ci avevano detto tante volte che la Juve rubava anche in passato. Ma ora c’è De Gregorio che certifica la serietà delle accuse! E meno male, vien da dire. Manca solo un particolare non proprio irrilevante, in tutto questo bel castello: le prove. O, in mancanza di meglio, basterebbe qualche misero indizio. E invece, niente, nulla, nisba. Ma cosa volete che sia! A proposito, leggiamo che sono “in corso di identificazione” altri associati a Moggi e Giraudo nella loro potentissima organizzazione. Vogliamo dare noi una mano al magistrato e gli segnaliamo subito il primo sicario, già assoldato nella stagione 1999/2000. Nome: Giove. Cognome: Pluvio. Intervenne dopo la criminosa direzione di De Santis, trasformando il campo di gioco di Perugia in una risaia, così da zittire il “clamore” che la Spectre moggiana aveva suscitato-provocato tra le anime pie del calcio nostrano.

E cosa dire dell’intervento dei nostri eroi nelle “griglie propedeutiche al sorteggio degli arbitri” (pag.4)? Al momento topico di quel campionato, quando si giocò Milan-Juve, la fortissima piovra moggiana non poté disporre di Ibrahimovic (fermato dalla prova tv!) e si ritrovò in griglia Collina, Trefoloni e Paparesta, tutti arbitri esterni all’organizzazione. In confronto a Giraudo e Moggi, Franco e Ciccio erano due geni della truffa!

Viene citato ripetutamente anche Zeman, il quale sarebbe vittima delle macchinazioni di Moggi e Giraudo, dal momento “che aveva reiteratamente denunciato le responsabilità della società juventina in ordine all’uso di sostanze dopanti, raccogliendo dossier per screditarne la reputazione ed ostacolarne la carriera di allenatore” . Il lavoro di De Gregorio è illuminante: al contrario di quanto emerso nel processo intentato ai dirigenti della Juve proprio a causa delle dichiarazioni di Zeman, lui è arrivato ad una sentenza di condanna per doping. Complimenti! E cosa dire del povero boemo, che non trova squadra nonostante i clamorosi successi raccolti in mezzo mondo? C’è da chiedersi perché ancora oggi, nonostante Moggi sia stato letteralmente ghettizzato, il fuoriclasse boemo non riesca ad elemosinare uno straccio di panchina. De Gregorio si è posto l’arduo quesito?

Non serve scorrere troppo testo per sorprendersi nuovamente. Nella stessa pag.4 scopriamo che l’organizzazione si era adoperata “al fine di garantire l’elezione di Franco CARRARO quale presidente della Figc” . I magistrati, a questo proposito, ci dovrebbero spiegare una cosa. Delle due l’una: o Carraro faceva parte dell’associazione, e allora non ci spieghiamo perché non sia stato processato e condannato insieme agli altri, oppure non ne faceva parte, e allora non capiamo che vantaggio ci fosse ad “adoperarsi” per la sua elezione. Un bel mistero! Ma del resto, che questa associazione fosse piena di rimbambiti diventa evidente poco più avanti, quando leggiamo che la stessa si preoccupava “perché venissero sempre tutelati gli arbitri che avevano favorito la Juventus o che comunque erano vicini alla società, perché invece venissero arbitrariamente penalizzati gli arbitri che non avevano favorito la Juventus” . E infatti Gianluca Paparesta, dopo avere inanellato una serie incredibile di errori ai danni del la Juve nella famigerata partita di Reggio Calabria, tornò immediatamente ad arbitrare, mentre Racalbuto, per avere commesso errori pro-Juve contro la Roma, fu fermato per nove turni. Che bella tutela! E a proposito di arbitri, vale la pena di rammentare che al termine della stagione 1999/2000 (quella in cui a detta di De Gregorio la Juve rubò fino alla penultima giornata, giusto in tempo per farsi soffiare lo scudetto dagli onesti laziali…) Pierluigi Collina, dopo i disastri di Perugia, fu inviato “per punizione” ad arbitrare gli Europei, in cui diresse Olanda-Republica Ceca (partita che fece infuriare i cechi, tanto da indurli ad una clamorosa protesta), Inghilterra-Germania e il quarto Francia-Spagna.

Lo spettacolo continua a pag.5, dove arriva il turno di Biscardi e del suo Processo: “attraverso il condizionamento di talune trasmissioni televisive o di singoli giornalisti o commentatori del servizio pubblico radiotelevisivo o di altre emittenti private”, venivano “favoriti gli interessi del sodalizio o comunque di coloro che operano per esso, danneggiando chi invece ne ostacola la realizzazione”. Un’organizzazione coi fiocchi, quella che si preoccupava di influenzare una trasmissione i cui contenuti la Cassazione assimilava a chiacchiere da bar! Nel frattempo, su Rai, Mediaset e Sky, imperversavano Varriale, Galeazzi, Pistocchi, Piccinini, Bergomi e Caressa. Tutta gente spudoratamente anti-juventina. Tutta gente che è ancora lì, intoccabile. Ma probabilmente per De Gregorio la patente a punti di Baldas era più decisiva di tutte le altre trasmissioni messe assieme.

Clamorosa poi è l’accusa di avere tramato affinché “venissero fornite specifiche indicazioni sulla composizione della Nazionale Italiana di Calcio” . Ma De Gregorio ha visto com’è andato l’ultimo Mondiale? Gli rinfreschiamo la memoria: la Nazionale Italiana di Calcio ha alzato la coppa. Prima classificata. Vogliamo dare anche questa “colpa” a Moggi e Giraudo? Questo passo la dice lunga sul distaccamento dalla realtà che si sta verificando in certi ambienti. La razionalità e i fatti non contano più nulla: la Juve metteva in campo giocatori di livello mondiale, eppure la si accusa di avere tramato per superare Chievo, Udinese e Bologna! E così per la Nazionale: par di capire che a Lippi poco importasse il bene degli azzurri. Ma cosa doveva fare, più che vincere il Mondiale? Magari tra quattro anni mettiamo sulla panchina tricolore Zeman. Poi vediamo se saprà fare meglio.

A pag.7, De Gregorio ci racconta che Dattilo ed i suoi assistenti, durante Udinese-Brescia, “compivano atti fraudolenti consistiti, ad opera del Dattilo, nella dolosa ammonizione dei calciatori Pinzi, Muntari e Di Michele e nella dolosa espulsione del calciatore Jankulovski, tutti in forza alla squadra dell’Udinese – successivo avversario della Juventus nella 5° giornata del campionato di calcio 2004/05 – così che il calciatore Jankulovski veniva, conseguentemente, squalificato dal giudice sportivo” . Dà un certo grado di soddisfazione la scoperta che nella redazione di questo documento ci si sia almeno preoccupati di correggere l’errore allucinante riguardo le squalifiche pilotate dei tre ammoniti, da altri commesso a causa delle imprecisioni della Gazzetta. Ma c’è da meravigliarsi che non sia stato del tutto eliminato questo paragrafo. Oppure De Gregorio pretendeva che Jankulovski, dopo avere rifilato un pugno in faccia ad un avversario, non venisse espulso? È frustrante constatare che certi organi di “giustizia” (termine che a questo punto è difficile utilizzare) non si preoccupino di rivedere le proprie posizioni neanche di fronte all’evidenza dei fatti.

A pag.8 scopriamo che Pieri e i suoi assistenti si adoperarono per permettere alla Juve di spuntarla (in casa) contro il temibile Chievo. Per la cronaca, la partita si concluse 3-0, grazie alle reti di Zalayeta, Nedved ed Ibrahimovic. Un solo ammonito tra i giocatori del Chievo e, ovviamente, nessun espulso. Voto della Gazzetta (il vangelo degli inquirenti) all’arbitro: 6,5.

Nella stessa pagina, scopriamo che Bergamo e Pairetto alterarono “la corretta e genuina procedura del sorteggio del direttore di gara” , così da permettere alla Juve di superare il Lecce. Ennesima sorpresa in un documento che certo non rischia di annoiare il lettore, nonostante la lunghezza! Sarà interessante (e lo vedremo più avanti) capire come De Gregorio sia arrivato ad una conclusione del genere, dopo avere assistito a processi nei quali è stata certificata la correttezza di tutti i sorteggi, anche in relazione alla modalità degli stessi, che prevedeva che l’estrazione della seconda palla (quella decisiva) venisse effettuata da un giornalista, scelto di volta in volta dall’ordine dei giornalisti. Ma De Gregorio va per la sua strada. Tant’è vero che riporta, poco più avanti, la vecchia storia di Paparesta chiuso nello spogliatoio da Moggi. E chi se ne frega se ci sono le parole di protagonisti e testimoni a dire il contrario, così come una sentenza di assoluzione ha spiegato l’inesistenza di quell’episodio. Per De Gregorio questo “è un dato pacifico”.

A pag.9, la storia si ripete per Dondarini, assegnato per Juventus-Lazio.

A pag.10, vediamo i dirigenti juventini e i perfidi designatori impegnati ad impedire che due pedine fondamentali come Petruzzi e Nastase del temibile Bologna possano disputare la partita contro la Juve. Ci pensa Pieri, che li ammonisce e, in quanto diffidati, fa sì che scatti per loro la squalifica.

Sempre a pag.10, ci risiamo con l’Udinese. Non paga di quanto accaduto all’andata, anche al ritorno la cupola interveniva, con l’assegnazione fraudolenta di Rodomonti. Resta un solo dubbio: se davvero Bergamo e Pairetto potevano taroccare il sorteggio, perché si limitarono a truccare partite difficili, ma non impossibili, come quelle con Chievo, Udinese e Lazio, e invece dimenticarono di falsare quelle contro Milan, Inter e Roma? Un bel mistero!

Le pagine successive sono invase da un elenco di partite, tra le quali rischia una condanna penale un guardalinee reo di avere sbagliato ad alzare la bandiera su un gol di Shevchenko(e viene da chiedersi cosa potrebbe rischiare, con questo metro di giudizio, quell’assistente che recentemente ha convalidato una rete dell’Inter con 6 giocatori in fuorigioco… ergastolo o fucilazione?) e ritroviamo la mitica Lecce-Parma 3-3, in cui anziché prendersela con i giocatori, come ha fatto il grande accusatore Zeman (anche nella recente deposizione a Napoli), il giudice decide di condannare l’arbitro.

Insomma, viste le premesse, ci sarà molto da dire!



</TD></TR></TBODY></TABLE></B>

alessandro magno
28.04.2010, 16:52
ottimo come sempre gabry :icon_wink:

eldavidinho94
28.04.2010, 17:58
perche non spostiamo qui questo articolo?
il topic sul processo di giraudo c'è gia

http://www.juveforum.it/forum/calciopoli-arrivano-le-202-pagine-della-condanna-di-giraudo-t34460.html

comunque, pare che giraudo sia stato condannato
per associazione a delinquere,
quella associazione che è gia stata smontata dal giudice
nel processo di moggi

e poi, da come dite, il giudice si è basato solo
sulle intercettazioni di calciopoli uno
senza neanche sentire le motivazioni degli imputati

beh, nel processo d'appello
-giraudo potra portare le sue prove,
innanzitutto smontare le accuse di associazione a delinquere
(cosa che ha gia fatto moggi) poiche adesso si è venuto a sapere
che tutti parlavano con tutti,
-e le ultime telefonate dimostrano la rilevanza che hanno avuto
nei match (vedi juve-inter, oppure le partite del milan
arbitrare da collina, la juve semrpe perdente arbitrata da de sacntis)
-e saranno acquisite le telefonate di calciopoli 2

come poi dice massimo pavan nel suo articolo,
ci sono alcune incongruenze che giraudo potrebbe far rilevare:
-si dice che nella cupola l'obiettivo fosse far vincere la juve
e salvare la fiorentina...ma nella cupola non c'era
nanche un componente della fiorentina

-strano poi che questa cupola nelle partite decisive
abbia deciso di far arbitrare il milanista collina e de sanctis, il quale
nella cupola non ci è mai stato, e per paura di essere condannato
ha smepre arbitrato contro la juve

-per non parlare dei referti alterati contro la juve,
per non far giocare ibra contro il milan nella sfida scudetto di milano,
oppure totti squalificato ed insipegabilemnte disponibile per il amtch seguente contro la juve...

dall'altra,
c'è che in un PROCESSO BREVE
la condanna per l'imputato, che sceglie di affrontare
questo tipo di processo,
è quasi sicura...

gabriele
29.04.2010, 13:49
TRATTO DAL SITO GIùLEMANIDALLAJUVE

<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 width=570 border=0><TBODY><TR><TD class=style15 vAlign=center align=middle height=100>Supposizioni di primo grado. Parte II</TD></TR><TR><TD align=middle colSpan=3 height=15>


</TD></TR><TR><TD align=left colSpan=4>E finalmente arriviamo alle motivazioni vere e proprie della condanna.
Si parte con una lunga premessa, che ci svela quanto il calcio sia importante in Italia e nel mondo. Molti si sorprenderanno di questa novità, ma è così: il calcio va alla grande! Anche più del tiro al bersaglio e della canasta. E allora De Gregorio impiega un bel numero di pagine per erudirci a tal proposito. Poi sciorina qualche informazione sulla struttura del mondo pallonaro e delle sue istituzioni, nonché l’importanza dei mass-media (e noi ce ne siamo ben accorti: siamo andati in B proprio grazie a loro!). Infine, una rapida carrellata sui personaggi presi in esame, durante la quale il GUP non si lascia sfuggire l’occasione di descrivere Moggi come un “gran parlatore e grande utilizzatore di telefoni cellulari segreti e no” . E forse è una delle poche affermazioni sentite recentemente su Moggi condivisibili.

E, dopo una decina di pagine che non ci dicono nulla di nuovo, arriviamo al primo punto interessante: i mezzi di prova. Come c’era da aspettarsi, le uniche prove su cui si basa la sentenza sono le “intercettazioni telefoniche, completate da informazioni rese da un certo numero di attori della vicenda calcistica, nonché da attività di PG di tipo più tradizionale, come osservazione e pedinamento di persone – le prime documentate talvolta da filmati – sopralluoghi, sequestri” (pag. 12). Interessante una nota alla pagina successiva. “Orbene, a più riprese i difensori hanno ritenuto di evidenziare i limiti di tali indagini e dei loro risultati, incentrando le critiche di merito prima sull’uso preponderante delle intercettazioni telefoniche, mettendone poi in luce la parzialità e/o la dedotta equivocità dei contenuti informativi così ricavabili. Tali critiche, pertinenti e in astratto ragionevoli, eludono, tuttavia, il problema principale di questo e di molti processi di caratteristiche analoghe, costituito dalla notevole difficoltà dell’accertamento di fatti che presentano peculiarità ostiche al lavoro di chi vuole comprenderli prima di giudicarli. Ci si vuole riferire alla natura dei fatti stessi, di grandissima complessità solo a voler considerare il numero di soggetti coinvolti, la struttura dei plurimi rapporti intersoggettivi e delle situazioni analizzate ed il loro sviluppo in un lungo periodo, nonché al verificarsi delle vicende in un ambiente che – per come è emerso dal complesso delle investigazioni – ha contribuito al chiarimento degli accadimenti solo in misura molto limitata” . Tante parole attorno ad un concetto di base: visto che di prove non ce n’era l’ombra, qui si è lavorato molto per supposizioni. Alla faccia della presunzione di innocenza! Un passo, in particolare, è ben esplicativo: “fatti che presentano peculiarità ostiche al lavoro di chi vuole comprenderli prima di giudicarli”. L’impressione è che in molti casi si sia passati al giudizio senza avere comprensione di quanto accaduto.

E un’ulteriore prova della fragilità di questa sentenza giunge poche pagine dopo, quando si ammette che questo processo “si caratterizza largamente per essere un processo indiziario; invero, le notizie provenienti dalle fonti dichiarative sono scarse e scarne e le conversazioni verosimilmente più significative avvennero sulle cosiddette schede riservate – sulle quali ci si diffonderà in seguito – come tali non intercettabili ed il loro contenuto è rimasto ignoto” . In pratica, la sentenza ci dice che dobbiamo immaginare dialoghi tra persone che forse avevano schede telefoniche (peraltro legali). Incredibile, ma vero.

E veniamo alle schede svizzere. Dati certi? I soliti: le schede acquistate in Svizzera e detenute legalmente da Moggi, nonché dal padre di Paparesta e da Bergamo (pagg. 16/18). Per tutti gli altri, come al solito, si deve usare l’immaginazione.

Anche per quanto riguarda gli incontri, non ci sono particolari novità: c’è quello famoso, a cui presero parte anche le mogli (e francamente è dura immaginare che si complottasse a tavola con le consorti, tra un piatto di lasagne ed uno di piselli) e ce ne sono altri, durante i quali non si sa cosa venne detto, ma si procede (come al solito…) per deduzione, non avendo mai pensato di effettuare intercettazioni ambientali (perché?). Interessante anche l’incontro del 30/4, “in un momento cruciale per le sorti del campionato, poiché era prossimo il match-clou tra Juve e Milan”. In quell’occasione si videro Moggi, Giraudo, Lanese e Pairetto. E infatti la Juve giocò a Milano senza Ibrahimovic, arbitrata da Collina!
Una serie di pagine (pagg.24/25) è destinata alle cosiddette “ammonizioni pilotate” . Inutile tornarci sopra: a Napoli, tutte le tesi riportate dall’accusa (e trasferita con il copia & incolla in questa sentenza) sono state smontate. In particolare, occorre tenere ben presenti le statistiche, che non vedono mai la Juve della Triade avvantaggiata rispetto ad altre squadre, anche molto meno blasonate e, soprattutto, non legate alla presunta “cupola”.

Nessuna novità neanche nelle pagine successive, in cui si riprendono intercettazioni già note e si sottolinea il fatto che il 14 novembre si giocò una partita (vinta dalla Juve 1-0) in cui il campo era ai limiti della praticabilità. Il giudice si chiede se il fatto che la partita sia stata portata al termine dipenda dal vantaggio della Juve. Impossibile non tornare con la mente all’acquitrino di Perugia!
La parte dedicata all’incontro con l’Inter (quello in cui Carraro chiese a Bergamo di avvisare l’arbitro che poteva anche sbagliare, ma assolutamente non a favore della Juve!) è un fulgido esempio di creatività: “probabile che i problemi di cui Bergamo voleva parlare riservatamente al collega (Pairetto, ndr.) erano derivati da precedenti – non ascoltate – richieste di Moggi, in questo caso non facilmente accoglibili data l’importanza dell’avversario e l’interesse che il match suscitava nell’opinione pubblica; d’altra parte non può fare a meno di osservarsi che il presidente della FIGC, cioè il massimo dirigente del settore, contemplava tra le cose probabili un arbitraggio di favore per la Juve”. Alla faccia della fantasia! Una persona normale potrebbe pensare che il problema che Bergamo voleva confidare a Pairetto fosse la telefonata inusuale del capo della FIGC, che gli faceva capire bene da che parte doveva andare la direzione (e spiegava anche il motivo, nonostante De Gregorio abbia dimenticato di trascriverlo nel dispositivo). E invece no: pur di accusare Moggi, e di conseguenza Giraudo, si immaginano telefonate che, fino a prova contraria, sono solo nella testa degli inquirenti.

Dopo una serie di varie amenità (invettive nei confronti di Zeman, “furto” ai danni del Parma: evidentemente per De Gregorio la Juve meritava sì e no di salvarsi… altro che Scudetto e valanghe di uomini in Nazionale!), si prende in analisi anche la mitica moviola di Baldas su La7. E qui c’è uno dei passi più comici dell’intero documento. Ecco come viene definito il Processo del Biscardone: “una popolare trasmissione televisiva, di quelle che ripassano più volte alla moviola le immagini degli incontri, valutando le scelte dei direttori di gara e traendone giudizi, a quanto risulta, nell’ambiente tenuti in grande considerazione” . Fenomenale! Sarà contento Aldo, che ottiene una promozione inaspettata. Se fino ad ieri, per sentenza della Cassazione, la credibilità oggettiva della trasmissione era “riconosciuta assai bassa”, ora scopriamo che in realtà era tenuta “in grande considerazione” nell’ambiente!

Ma torniamo al calcio giocato. “Nel prosieguo del campionato sul piano sportivo su (sic) registrarono due sconfitte della Juve e due vittorie del Milan, che, così, ridusse a soli due punti il distacco dai torinesi” (pag.38). Quindi, quando la Juve perdeva eravamo sul “piano sportivo”, quando invece vinceva era grazie alla cupola. Ma allora perché comprare Buffon, Cannavaro, Thuram, Nedved, Ibrahimovic? E il giudice non perdona a Moggi neanche di sfogarsi telefonicamente con il collega Giraudo: “Ormai nel dubbio siamo penalizzati (…) siamo arrivati al punto che nel dubbio ci danno contro”. Forse Moggi avrebbe dovuto rallegrarsi con Giraudo degli errori a sfavore della Juve?

È di quei giorni anche la “madre di tutte le intercettazioni”: quella sulla griglia che Moggi indovina al telefono con Bergamo: “il valore di questa acquisizione è grande, poiché da essa è immediatamente leggibile il metodo usato dai protagonisti della vicenda circa la composizione delle fasce, presupposto indispensabile e condizionante dell’esito del sorteggio” . C’è da chiedersi se De Gregorio abbia mai acquistato il Corriere dello Sport, in cui le griglie venivano quasi sempre azzeccate in anticipo. Poteri divinatori del giornalista che le componeva, oppure prevedibilità di una composizione che era dettata da regole che lasciavano poco spazio all’arbitrarietà? Ma il bello viene alla pagina successiva: “la concatenazione logica, temporale e funzionale dell’incontro con Pairetto e Bergamo e della conversazione in questione, nel contesto accertato, induce con ogni ragione a ritenere che in precedenza anche Giraudo e l’altro designatore avessero stabilito con Moggi la combinazione delle fasce da questi in seguito rappresentata a Bergamo” </I>. Effettivamente, la condanna in questione è a Giraudo. E allora, in un modo o nell’altro, bisognava pure cacciarlo dentro anche alla storia delle griglie!
Ed è proprio quella telefonata che porta il giudice a concludere: “la valutazione combinata di queste prove induce a considerare accertato che la cogestione delle scelte arbitrali – nel senso innanzi delineato – fosse un metodo costantemente attuato dagli imputati nel corso di quel campionato” (pag.43). Come dire che se la polizia vi ferma in eccesso di velocità sulla strada che percorrete per andare al lavoro, per induzione possa elevarvi qualche centinaio di multe: se l’avete fatto una volta, certamente l’avrete fatto tutti i giorni!

Interessante anche l’intercettazione tra la Fazi, segretaria della Figc, e lo stesso Bergamo, che le racconta di una telefonata intercorsa tra lui e Moggi: “chi vuoi come assistenti… dice voglio Ambrosino e Foschetti… no ti mando Ricci e Gemignani, insomma se non è zuppa è pan bagnato, però tanto per non dirgli quel che vuole lui” (pag. 43). Insomma, Moggi chiedeva due guardalinee e Bergamo gliene mandava un’altra coppia, proprio per non accontentarlo. È innegabile che queste telefonate fossero poco eleganti, ma è incredibile che vadano a finire su una sentenza di condanna penale. Anche perché qui non si parla neanche di una intercettazione tra Moggi e Bergamo, ma del racconto di una telefonata fatta da Bergamo ad una terza persona!

Poco più avanti, si rinfaccia a Bergamo una telefonata in cui così incita Moggi: “Pensiamo a giugno”. Il giudizio del GUP è: “non può non evidenziarsi come il legame tra Bergamo e Moggi si evidenzi dall’espressione pensiamo a Giugno, cioè all’esito del torneo, che il designatore profferì con naturalezza come fosse anch’egli un esponente della società torinese” (pag.44). Se De Gregorio si fosse preoccupato di ascoltare anche altre intercettazioni, in cui lo stesso Bergamo a Moratti esclamava: “Vediamo di fare dieci risultati utili di fila!” , forse le valutazioni sul tenore delle sue chiamate sarebbero state differenti? Oppure rimarrebbero comunque “tra le più emblematiche dell’intreccio di rapporti e di interessi reciproci tra gli imputati”?




</TD></TR></TBODY></TABLE>

<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 width=570 border=0><TBODY><TR><TD class=style15 vAlign=center align=middle height=100>Quando l’evidenza supera la supposizione</TD></TR><TR><TD align=middle colSpan=3 height=15>
</TD></TR><TR><TD align=left colSpan=4>Di Calciopoli e su Calciopoli in questi anni si è scritto veramente di tutto: dalle più fantasiose supposizioni su come la Juventus rubava, alla prova certa ed evidente che di frodi sportive non se n'è mai vista l'ombra. Sulle prime si sono scatenati in tanti: moralisti, perbenisti, giustizialisti dell'ultima ora, personaggi televisivi e sportivi, gazzettari, corrieristi e repubblichini; tutti accomunati da un unico credo: la Juventus vinceva perché rubava. Sulla seconda, e con una risonanza mediatica pari alle partite di pallapugno, hanno provato in pochi, anzi pochissimi, sovrastati da quel sentimento popolare tanto in voga nell'estate del 2006, riuscito addirittura ad entrare all'interno delle sentenza sportive.
Oggi, invece, quello schieramento tanto affezionato alle luci ad intermittenza degli alberi di Natale, a giorni alterni, sempre per non perdere il vizio, ci narra le differenze tra le telefonate che hanno interessato la dirigenza juventina e il resto del mondo pallonaro; gli stessi, tanto per farvi capire, che difendevano a spada tratta "gli altri", martirizzandoli per essere stati gli unici a non telefonare e grigliare arbitri, fregati, invece, da una banda di truffatori. Ma su di un punto voglio focalizzare la vostra attenzione: le griglie.
Martedì pomeriggio (26/04 ndr) nell'aula 216 del Tribunale di Napoli, l'ex designatore arbitrale Pierluigi Pairetto ha rilasciato una dichiarazione spontanea al Presidente Teresa Casoria, nella quale ha evidenziato come, sotto l'ala protettiva della Federazione Giuoco Calcio, tutti i rappresentanti delle società calcistiche di serie A avevano rapporti di abitualità con i rappresentanti dell'Aia. Non a caso, il Pairetto dice che i nominativi delle griglie fatti sapere il giorno prima, e/o il nome degli assistenti, non erano: né vietati, né tantomeno dati come situazione negativa dalla Federcalcio. Anzi, aggiunge Pairetto, la Federazione ha sempre sollecitato a mantenere dei rapporti diretti con le società, ed in alcuni casi invitando i designatori a telefonare ai rappresentanti delle stesse.
Nella sentenza di primo grado del rito abbreviato, però, il giudice Eduardo De Gregorio scrive: "...al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, compivano atti fraudolenti che, alterando la corretta e genuina procedura di sorteggio del direttore di gara e quella per la designazione degli assistenti del direttore di gara, predeterminavano l'andamento e il risultato dell'incontro..."
Due i punti:
1) I sorteggi erano regolarizzati da un notaio, che per puntualizzare è un pubblico ufficiale, e secondo la deposizione spontanea di Pairetto ci fu un episodio in cui, visto l'errore tecnico di precludere Collina in una gara del Palermo, il notaio presente al sorteggio fece ripetere la procedura.
2) A pagina 4 della sentenza Giraudo, De Gregorio scrive: "...l’organizzazione si era adoperata al fine di garantire l’elezione di Franco Carraro quale presidente della Figc..."
Riprendo il punto 1 e domando: è mai stato sentito un qualunque pubblico ufficiale presente ai sorteggi come persona informata sui fatti?
Riprendo il punto 2 e mi chiedo: se Franco Carraro è stato Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio dal 28 dicembre 2001 all'8 maggio 2006, e cioè nel periodo in cui venivano sollecitati i designatori ad avere rapporti diretti ed abituali con i tesserati delle società, per quale motivo non è stato condannato insieme agli altri, visto che la sua elezione era negli interessi dell'ipotetica "cupola"?</B> E se così non fosse, visto il proscioglimento dall'accusa di frode sportiva datato 29 maggio 2009, non capisco su quali dati "certi" si basino i magistrati affinché una banda di truffatori si sia adoperata all'elezione del Carraro.
Di Calciopoli e su Calciopoli in questi anni si è scritto veramente di tutto, e ancora oggi c'è chi sostiene, scritto a chiare lettere sui fogli di una sentenza, che la Juventus grigliava arbitri, nonostante l'evidenza abbia oramai superato la supposizione.


</TD></TR></TBODY></TABLE>

gabriele
30.04.2010, 16:46
<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 width=570 border=0><TBODY><TR><TD class=style15 vAlign=center align=middle height=100>Supposizioni di primo grado. Parte III</TD></TR><TR><TD align=middle colSpan=3 height=15>
</TD></TR><TR><TD align=left colSpan=4>A più riprese, De Gregorio nomina anche Carraro. Personaggio che, a conti fatti, si dimostra un autentico fuoriclasse dell’equilibrismo politico: era capo della Figc quando a dominare c’era la cupola. Un capo un po’ sprovveduto, se per tanti anni ha concesso che tale associazione spadroneggiasse. È ancora capo adesso, che la cupola non c’è più. Insomma, sotto di lui c’è stato il maremoto, ma la sua barca è riuscita a restare a galla senza subire danni.

A pag.47 viene riportata una telefonata di Carraro a Bergamo, durante la quale il primo riprende il designatore a proposito di un errore di Racalbuto: “quando un arbitro dà un rigore al limite dell’area vuol dire che gli scappa che la Juve debba vincere…”. Considerando che un arbitro generalmente deve prendere decisioni in pochi decimi di secondo e che, essendo umano, può anche sbagliare, come interpretare questa telefonata? Si potrebbe pensare che Carraro, capo della Figc, spingesse affinché eventuali dubbi fossero sempre risolti a svantaggio dei bianconeri. E invece De Gregorio la commenta così: “il presidente manifestò, sia pure in modo indiretto ed ironico, di considerare ben possibile che l’arbitro avesse voluto favorire la Juventus, dovendosene trarre motivo di conforto, sul piano dell’apprezzamento logico dei fatti, per le tesi dell’Accusa”. In altri termini: se Carraro dice che la Juve ruba, sarà pur vero! È sorprendente che nessuno abbia da ridire sul fatto che ad ogni presunto errore favorevole alla Juve facesse eco una telefonata di Carraro ai designatori. Al contrario, un capo della Figc evidentemente schierato contro una squadra in lotta per lo Scudetto è preso a sostegno delle accuse nei confronti della stessa.

Le elucubrazioni continuano a pag.50, dove si analizza una conversazione tra Giraudo e Mazzini, durante la quale il primo si lamenta delle designazioni effettuate da Bergamo per una partita del Milan. De Gregorio conclude: “se questi si lamentò di una scelta del designatore con persona di rango elevato nel settore, come il vice presidente Figc, definendolo nel contempo amico e sottolineando l’eccezionalità di quella opzione negativa, deve ritenersi che, di regola, le specifiche scelte di assegnazione dei direttori di gara erano gradite alla Juve ed ai suoi dirigenti”. A parte il fatto che qui si parlava di guardalinee e non di direttori di gara (come erroneamente riportato alla fine della deduzione), al giudice non è venuto in mente che magari Giraudo semplicemente non fosse portato a piagnucolare, come altri, per qualsiasi scelta? Se uno si lamenta di tanto in tanto, chi può affermare con certezza che quando non lo fa le cose siano andate come voleva lui? Già, ma qui di certezze pare non essercene bisogno.

Nelle pagine successive, si analizzano le intercettazioni di Lotito, che si lamentava dell’arbitraggio durante una partita con la Juve. Ovviamente, anche in questo caso, il giudice desume “il dato – evidentemente notorio nell’ambiente – che alcuni arbitri parteggiavano per la Juventus”. Fosse andato a raccogliere anche le dichiarazioni di qualche esponente degli ultrà laziali, avrebbe trovato altri elementi a sostegno dell’accusa.

Si prosegue poi con interpretazioni di telefonate, in cui attenendosi a poche frasi spesso poco comprensibili il magistrato delinea i ruoli dell’organizzazione. Bravo lui ad intuire l’organigramma completo sulla base di frasi come “so perfettamente la fatica che fa Paolo, è l’unico che ci è rimasto vicino”, oppure “la fiducia non gliel’ho mai tolta, te lo dimostrerò” (pag.54). Cosa dire? Impossibile ribattere, perché qui siamo entrati completamente in una realtà virtuale. Si parla di un “programma comune” e di volontà della Juve di vincere il campionato, “anche con mezzi illeciti” , ma da dove salti fuori tutto questo è veramente arduo capirlo.

È difficile determinare quale sia l’apoteosi di questo documento, ma a pag.55 una frase è da incorniciare: “Vale la pena di sottolineare il dato di fatto che arbitro dell’incontro con il Milan fu proprio Collina, cioè colui che, in mancanza del più gradito Trefoloni, la Juve avrebbe preferito”. Questa è davvero clamorosa: Collina era uno degli arbitri preferiti dalla cupola? Ma fino all’altro ieri, non era l’integerrimo per eccellenza? A questo punto, meraviglia che non sia stata inserita tra le motivazioni della condanna anche la squalifica di Ibrahimovic, che probabilmente era stata effettuata per permettere a Capello di schierare Del Piero, poi risultato decisivo. È inutile: avrebbero potuto anche designare come arbitro il Re Salomone in persona, ma l’alacre De Gregorio sarebbe riuscito ugualmente a ravvisare un complotto.

Il campionato, successivamente alla partita vinta ai danni del Milan (ma del resto, con l’amico Collina poteva andare diversamente?), perde d’interesse, almeno riguardo il destino della Juve proiettata verso lo Scudetto, e allora ci si concentra su tutto il resto. In particolare, il futuro di Bergamo. A tal proposito, vale la pena di ricordare come lo stesso designatore commentò la sconfitta dei rossoneri con Galliani: “Non mi sono ancora ripreso dall’altra domenica. E questo purtroppo è stato un trauma che in famiglia ha lasciato il segno…”. Ovviamente, questa intercettazione non trova spazio nel documento redatto da De Gregorio, anche perché se non ci avesse pensato la difesa di Moggi durante il processo di Napoli, non sarebbe mai saltata fuori, ma spiega bene quali fossero i toni dei designatori con i dirigenti delle squadre della massima serie: estremamente amichevoli. E la chiacchierata con Galliani, come quelle con tanti altri dirigenti di Serie A, spiega una sola cosa: per sopravvivere, i designatori, come tanti altri all’interno del mondo calcistico, dovevano (devono?) mantenere buoni rapporti con le squadre. Dov’è la novità? Va, a questo proposito, sottolineato un fatto, che De Gregorio sembra avere dimenticato: nel 2004, era consentito ai dirigenti intrattenere rapporti con i designatori. Non solo: era la federazione stessa a promuovere la collaborazione tra le società e vertici arbitrali, per stemperare un clima molto teso nato con le regole precedenti. Che poi ci siano stati dialoghi antipatici (per dirla alla Moratti) è innegabile. Ma c’è da chiedersi se, subendo un’intercettazione telefonica per alcuni mesi, qualsiasi persona non rischierebbe di essere trasformata nel capo della Ndrangheta. Occorrono fatti, oltre che supposizioni. E di fatti, finora, non c’è nemmeno l’ombra.

A pag. 59 si analizzano le vicende legate alla Fiorentina. Viene inizialmente raccontato il duello tra Abete e Carraro, vinto da quest’ultimo, contrariamente alle speranze dei Della Valle, e si prosegue con le telefonate di Della Valle e Mencucci a Mazzini, in cui si lamentano presunti torti arbitrali. Discorsi che si sentono da quando è nato il calcio, ma che in questo caso costituiscono un indizio per una condanna penale. Scorrono pagine di ricostruzioni relative al legame politico-sportivo, che non ci dicono nulla di nuovo rispetto a quanto letto in questi anni sulla Gazzetta. Una frase di Mazzini, diretta a Giraudo, in questo contesto è molto interessante: “devo dire che perderli come pagatori in serie A mi dispiace”. Ricorda molto un’altra frase di un superiore di Mazzini, che si lamentava che il ricco proprietario di una squadra non riuscisse mai a vincere lo scudetto: ora quella preoccupazione non dovrebbe più esserci.
Assistiamo a discorsi di Mazzini, che spiega come la Fiorentina sia in una botte di ferro, visto che il “sistema” ora è dalla sua parte. C’è una lunga esposizione (pagg. 65/66) in cui Mazzini illustra come gli arbitri aiuteranno i viola, grazie al suo appoggio. Su tutte queste parole De Gregorio costruisce l’ennesimo castello d’accuse: “Mazzini, ricoprendo la sua importante carica, era perfettamente consapevole dell’esistenza di un tale sistema, fatto di alleanze ed equilibri tutti fuori delle regole e spesso contro di esse, (…) si evidenzia altresì che il vice presidente della FIGC considerava scontato che gli arbitri fossero fortemente condizionati da chi deteneva la posizione prevalente” (pag. 67). Tutto molto bello ed interessante. Non fosse che la Fiorentina perde anche la partita successiva: 1-2, in casa contro il Milan.

Poi avviene un incontro tra Bergamo e Della Valle. Cosa c’entrano Moggi e Giraudo in tutta questa storia? Semplice: “è utile evidenziare la sua (di Bergamo, ndr) piena disponibilità alle sollecitazioni congiuntamente provenienti da Mazzini, in maniera diretta e da Moggi e Giraudo in modo indiretto ma certamente risaputo dall’uomo di Livorno” (pag.68). Già, certamente. Come al solito.

Si va avanti per pagine e pagine in cui la Fiorentina alterna risultati buoni ad altri negativi (pareggio con l’Atalanta) e le telefonate che seguono le partite vanno di pari passo, con i soliti Mazzini e Moggi che esprimono la loro preferenza per la Fiorentina. Ma se per Mazzini la questione è poco etica (sarebbe comunque interessante analizzare il tenore di tutte le telefonate che il dirigente federale faceva ai vari personaggi del calcio), Moggi potrà ben essere libero di tifare per chi vuole! Certo, da juventino non è piacevole sapere che il proprio DG sperava nella salvezza dei viola (anche se, conoscendo Moggi, tra ciò che diceva e ciò che pensava il più delle volte c’era una bella differenza! ), ma non si vede dove stia il problema per tutti gli altri. Per la cronaca, un episodio la dice lunga sul potere della cupola: “il 22 maggio, nella partita Lazio-Fiorentina terminata in parità 1-1, si verificò un errore clamoroso dell’arbitro Rosetti ai danni della Fiorentina; invero, il direttore di gara non vide che un giocatore della Lazio si sostituì al portiere ormai battuto, respingendo sulla linea di porta il pallone con un braccio” (pag.74).

L’epilogo di quella vicenda la conosciamo tutti. La partita Lecce-Parma, arbitrata da De Santis (l’amicone della Juve, a fasi alterne…), terminò 3-3. L’arbitro non sembrò influire sul risultato a nessuno. Nemmeno a Zeman, che se la prese con i suoi giocatori per avere “smesso di giocare” ben prima del termine dell’incontro. Eppure per De Gregorio fu proprio De Santis, a causa del comando della cupola, a guidare l’incontro al pareggio. E non un banale 0-0, ma un 3-3. Magia degna di Houdini!


</TD></TR></TBODY></TABLE>

gabriele
03.05.2010, 08:20
<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 width=570 border=0><TBODY><TR><TD class=style15 vAlign=center align=middle height=100>Supposizioni di primo grado. Parte IV</TD></TR><TR><TD align=middle colSpan=3 height=15>
</TD></TR><TR><TD align=left colSpan=4>Capitolo Lanese. Anche lui, nonostante entri assai raramente nelle discussioni intercettate, finisce nel calderone, con tutti gli altri. In particolare, si torna sulla vicenda accaduta nello spogliatoio di Reggio Calabria, in seguito ad un incontro caratterizzato da uno degli arbitraggi più scandalosi della storia. La vicenda è nota: Moggi e Giraudo, al termine della partita, si presentarono di fronte alla terna, andando certamente sopra le righe e venendo però risparmiati a causa dell’intervento dell’osservatore Ingargiola concordato con Lanese. Avrebbero meritato una squalifica? Non c’è dubbio. Il fatto che l’arbitraggio fosse stato indecente non giustifica il loro comportamento. Quante altre volte sarà successo un fatto simile ad altri dirigenti? Difficile dirlo. Ma se anche fossero stati squalificati per tre mesi, cosa sarebbe cambiato? Moggi non batteva le punizioni e Giraudo non tirava i rigori. Probabilmente, qualsiasi juventino avrebbe fatto volentieri cambio tra la loro squalifica e quella di Ibrahimovic, avvenuta pochi mesi dopo, a seguito di una prova tv scaturita dalla immagini fornite da Mediaset (a proposito di mass-media amici!).

Introdotto da Lanese, entra in gioco anche Romeo Paparesta (pag.92), padre dell’arbitro che Moggi riteneva “ostile alla Juve”. Egli riceve un telefono dotato di scheda svizzera. E qui occorre fare qualche precisazione. Spesso sono state tirate fuori queste schede svizzere (o straniere in genere). Ed è sempre stato dato per certo, da parte dell’accusa, che venissero utilizzate perché non erano intercettabili. La difesa di Moggi, al contrario, sostiene che tali schede erano utilizzate per evitare che le squadre avversarie (una in particolare, che aveva tra gli azionisti dirigenti della Telecom) violassero la propria privacy. Due fatti sono certi. Primo. Anche per le schede straniere, come per le italiane, era possibile effettuare le intercettazioni. Chi ha condotto le indagini, alla domanda sul motivo per cui tali intercettazioni non siano state fatte, ha risposto: “non abbiamo avuto tempo”. Secondo. Tenuto conto di quanto è saltato fuori durante le indagini su Tavaroli ed i dossier che preparava, siamo sicuri che Moggi non avesse qualche buon motivo per diffidare dai telefoni “italiani”?

Una volta terminata la sezione dedicata a Lanese, si passa alle frodi sportive. A pag.98 si sgombra immediatamente il campo dagli equivoci: assumono “rilievo per l’integrazione della fattispecie criminosa anche condotte che non riescono a conseguire il risultato vietato dalla legge e, dunque, atti idonei e diretti a ledere il corretto svolgimento delle competizioni sportive indipendentemente dal fatto che detta lesione si verifichi”.
Componiamo il processo deduttivo. Non importa dimostrare che gli arbitri avessero le mitiche schede svizzere: possiamo immaginare che le avessero, senza averne le prove. Non importa che ci siano o meno telefonate tra designatori e dirigenti juventini in cui si parla di arbitri: essendoci schede svizzere in circolazione, possiamo immaginare che esistano. Non importa che ci siano o meno telefonate tra dirigenti juventini ed arbitri: essendoci schede svizzere in circolazione, possiamo immaginare che esistano. Non importa che ci siano o meno telefonate tra designatori ed arbitri, in cui i primi impongono ai secondi di favorire la Juve: essendoci schede svizzere in circolazione, possiamo immaginare che esistano. Non importa che le partite siano state o meno oggettivamente alterate, perché basta anche solo il tentativo di alterarle per avere un reato. Infine, non importa neppure che in tutta questa storia, che comportava l’alterazione degli equilibri di un settore nel quale per i soli diritti televisivi attualmente si spostano “570 milioni di euro a campionato” (pag.3), gli arbitri partecipassero ad un’associazione a delinquere per ricevere complimenti e pacche sulle spalle! L’abbiamo sempre sostenuto: questa evidentemente era un’associazione di mentecatti.

Prima di immergersi nelle varie partite, De Gregorio pensa bene di offrirci anche un’ulteriore analisi degna di Young: “Per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato la giurisprudenza ha chiarito che deve verificarsi il dolo specifico, poiché l’alterazione del risultato non è un evento naturalistico che deve necessariamente verificarsi nella realtà, coerentemente con la natura di reato di pericolo, ma un semplice scopo che dev’essere senz’altro presente nella mente dell’agente” (pag.99) . Insomma, la realtà non ci interessa: basta essere convinti virtualmente che Moggi e Giraudo fossero due mascalzoni e ciò è sufficiente per condannarli. E del resto De Gregorio l’aveva già anticipato: sia Carraro che Lotito dicevano che la Juve rubava… e allora di che prove abbiamo bisogno?
Grazie a tutti questi ragionamenti, si arriva al punto cruciale, che ci dice come sono state esaminate le partite che costituirebbero la frode sportiva: “il tema probandum, perciò, non è sulle singole valutazioni tecniche ma sulla sua imparzialità e indipendenza di giudizio intese, quindi, come assenza di vincoli con gli uni o gli altri dei partecipi alla competizione, che ne condizionino la complessiva direzione di gara, incidendo sul suo giusto risultato, nel senso più volte riportato”. Quindi, se un arbitro ha la iella di essere considerato “amico” di Moggi, può fare a meno di andare ad arbitrare la Juve: anche se dovesse azzeccare tutte le decisioni, sarebbe comunque colpevole. Viene naturale una domanda: come giudichiamo i Rolex donati dalla Roma agli arbitri? E le attrezzature della Tecnogym gentilmente offerte dall’Inter? Quelli non erano “vincoli”?

A pag.103 comincia l’elenco dei “tre diversi modi di realizzazioni delle frodi”.
“Il primo fu quello delle cosiddette ammonizioni mirate” . Per intenderci, era il sistema grazie al quale la Juve faceva squalificare un paio di giocatori del Bologna, ma permetteva a squadre come Inter e Milan di presentarsi agli scontri diretti senza assenze. A proposito del Bologna, anche De Gregorio cade nello stesso errore della procura di Napoli: “alla domanda di Moggi su chi fossero i diffidati, (Damascelli, ndr) rispose indicando i nomi degli ammoniti del match, cioè i difensori titolari del Bologna, che, quindi, sarebbero stati squalificati per la partita successiva della Juve” (pag.104). Peccato solo che Gamberini non fosse neppure diffidato e che per definire Nastase titolare ci vuole davvero molta fantasia. Poi, visto che il giudice non ha neppure riportato l’intercettazione in questione (chissà perché…), vale la pena di rinfrescarsi la memoria.
Damascelli: Oh comunque De Santis ha fatto il delitto perfetto, eh?
Moggi: Che ha fatto?
D: C’abbiamo i tre gio… i tre difensori del Bologna fuori squalificati tutti e tre
M: Ma perché chi c’avevano loro diffidato?
D: Tutti e tre, ehm, come si chiama: Nastase, Petruzzi e Gamberini
M: Uh
D: Non male, no?
M: Eh, aho meno male, che te devo di’?
D: No, no, meglio…
Da questo colloquio si evince la felicità di Moggi per la notizia: sembrava che avesse appena vinto la Champions League! Senza contare che non sapeva neanche chi fossero i giocatori diffidati del Bologna… e meno male che ogni settimana concordava con Bergamo le ammonizioni preventive!
Tra le squalifiche “comode”, c’è poi quella di Viali (non Vialli… Viali!) della Fiorentina. Evidentemente, questo elenco di carneadi squalificati per favorire la Juve, non deve avere troppo soddisfatto la difesa di Giraudo, tanto che il giudice si sente in dovere di enfatizzare l’importanza delle suddette squalifiche: “in questione non è il valore tecnico individuale del giocatore ma il suo ruolo all’interno della squadra, essendo il calcio uno sport collettivo, la mancanza di un tassello dell’organizzazione, incide negativamente sui meccanismi di funzionamento della squadra nel suo insieme” (pag.106). Per intenderci, se all’Inter toglievi Ronaldo o Gresko, praticamente era la stessa cosa.

“Il secondo metodo di perpetrare le frodi riguarda la formazione delle griglie” (pag.107). La minestra è sempre la stessa ed è inutile tornarci sopra. Si torna a parlare della solita telefonata in cui Moggi indovina gli arbitri della griglia e di altre telefonate in cui Moggi dimostra di conoscere i nomi dei direttori di gara prima che questi siano stati ufficializzati (ma dopo il sorteggio: questo non è stato riportato nel documento redatto da De Gregorio, ma vale la pena di rammentarlo).

“Il terzo metodo di perpetrazione delle frodi consisteva nei sorteggi truccati”. E qui c’è una sorpresa! Il giudice dimostra di non essere troppo aggiornato sui recenti (ma neanche troppo…) sviluppi della vicenda sorteggi e così torna a parlare di fatti già accertati ed archiviati da tempo. Pensavamo che la storia delle palline usurate (o calde/fredde) fosse superata. E invece siamo daccapo! Cosa dire? De Gregorio, in assoluta controtendenza, ha da ridire addirittura sul notaio che evidentemente era solo in teoria “austero” . Da cosa deriva questa conclusione? Dalle dichiarazioni di Martino! E allora vale la pena di ricordare che, al processo di Napoli, il 10/11/2009 Martino (teste dell’accusa) riferiva della possibilità di riconoscere le palline usurate con il tempo, ma è anche vero che affermava la sua univoca responsabilità nell’inserire e sigillare i nomi delle squadre e degli arbitri nelle medesime. Sempre sulla questione “palline”, riferiva che sovente erano i designatori a chiedere la sostituzione di quelle visibilmente segnate con delle nuove, risultava inoltre impossibile leggere i bigliettini avvolti all’interno qualora si fossero accidentalmente aperte. Durante quell’interrogatorio, caratterizzato da un atteggiamento del teste piuttosto contraddittorio, è emerso un fatto “irrituale” (per usare le parole dell’avv. Trofino): a fronte di 6 ore di interrogatorio senza interruzioni, effettuato nella caserma dei carabinieri, risultò un verbale di sole 4 pagine. Perché? Se lo sarà chiesto anche De Gregorio? Chissà…

<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 width=570 border=0><TBODY><TR><TD class=style15 vAlign=center align=middle height=100>Supposizioni di primo grado. Parte V</TD></TR><TR><TD align=middle colSpan=3 height=15>
</TD></TR><TR><TD align=left colSpan=4>Le “schede riservate” occupano ovviamente un ruolo determinante nel castello costruito da De Gregorio. A pag.110, si ricostruisce la vicenda che le ha fatte emergere, cominciando con la telefonata del 9/2/2005 “in cui Bergamo chiamò un’utenza svizzera intestata ad un settantenne e rispose Moggi”, nonché le ammissioni di Bergamo, Pairetto e di Romeo Paparesta, padre di Gianluca. “L’efficacia del sistema di accertamento usato dalla PG nei casi in esame è denotata anche da alcuni incroci con utenze certamente riferibili agli interessati, come ad es. nel caso di Dattilo, la cui utenza straniera, già assegnata con i soliti criteri, contattò anche utenze intestate a se stesso ed alla moglie, confermando con sicurezza la bontà del metodo investigativo usato dagli inquirenti” (pag.113). Da questa constatazione, De Gregorio trae “validità generale” ed attribuisce 29 schede (su un totale di 39) in questo ordine: “8 a Moggi, 3 a Fabiani, 2 a Bergamo, 3 a Racalbuto, 2 a Pairetto, 2 a Paparesta – che peraltro ammise un numero maggiore di schede – 2 ad Ambrosino, 2 a Pieri, 1 per ciascuno a Cassarà, Dattilo, De Santis, Gabriele”. Salta agli occhi un’assenza sorprendente. Perché Giraudo non aveva la sua brava scheda svizzera? In fondo, lui era uno dei grandi capi dell’organizzazione. E allora perché non la usava? Non si è detto che partecipava anche lui alla compilazione delle griglie? E allora come comunicava, con i piccioni viaggiatori?

“Sul punto è molto utile ricordare che alcune difese in sostanza non hanno contestato la disponibilità e l’uso di schede (anche perché è lecito!, ndr) prospettandone uno scopo alternativo; invero, secondo qualcuno, dovevano servire le trattative di mercato nelle quali Moggi era notoriamente maestro, da tentativi di spionaggio industriale provenienti dalla società di Massimo Moratti; per supportare questo argomento si è fatto cenno a vicende, emerse in seguito in altro procedimento penale, nelle quali sembra esservi traccia di attività di raccolta di informazioni da parte di un dipendente di Moratti, ex dipendente Telecom, che avrebbe fruttato allo scopo questo precedente ruolo. Va, in contrario, osservato che questa tesi non regge alla prova dei fatti poiché, pur non potendo in astratto escludersi che Moggi avesse previsto l’uso di canali di comunicazione segreti allo scopo difensivo suddetto – come peraltro da lui stesso non dichiarato in interrogatorio – e salva la verifica della compatibilità temporale delle due situazioni, non spiega come nel caso oggetto di giudizio tali schede furono destinate ed usate in massima parte dall’ambiente arbitrale, ivi compresi i vertici, che di certo nulla aveva a che fare con gli intrecci riguardanti la compravendita di calciatori tra società”. Bisogna dire che questo è uno dei pochi ragionamenti logici presentati in questo documento (e siamo a pag.114… come si dice, meglio tardi che mai!). Ma anche in questo caso occorre fare qualche precisazione.
Durante il processo di Napoli, abbiamo visto quante crepe siano emerse nel sistema di attribuzione delle schede studiato dai carabinieri. Per cui, quando l’ipotesi traballa, la tesi crolla. Ma, anche assumendo che tutte quelle schede fossero davvero finite in mano agli arbitri, ci sono due aspetti fondamentali, che non vengono mai sottolineati abbastanza. Primo. Detenere schede straniere è legale. Tant’è vero che si possono acquistare addirittura su eBay! Secondo. Queste schede non costituiscono “canali di comunicazione segreti”, in quanto è possibile intercettarle, esattamente come quelle italiane. E allora perché non sono state effettuate le intercettazioni su queste schede? Ci saremmo tolti tutti i dubbi. Ma forse è meglio che le incertezze restino: del resto, si sa, nel dubbio in Italia si diventa automaticamente colpevoli!
E allora poco importa leggere il numero di telefonate ipotizzate dalla PG tra Moggi e i vari arbitri: qui di certezze non ce n’è. Per cui, se ci dicono che Gabriele ha chiamato 3, 30 o 300 volte Moggi, non cambia la sostanza delle cose. Non si può costruire un palazzo senza le fondamenta e pretendere che resti in piedi.

Finita la parte dedicata alle schede svizzere, si passa (pag.119) ai singoli capi d’imputazione, preceduti da una breve introduzione, in cui si tirano in ballo gli assistenti Babini e Coppola, i quali dalla stagione 1998/99 “non furono più scelti per dirigere partite della Juventus”. Da questo De Gregorio desume che la Juve “poteva impedire, intervenendo sui designatori, che le loro partite fossero loro affidate”. Sulla base di quali prove, a parte le lamentele dei due, non si sa bene. Ma del resto, funziona così: quando uno non riesce nella propria attività, è sempre colpa di Moggi e Giraudo. È così per Zeman ed è così per Babini e Coppola. E meno male che i due ex-dirigenti bianconeri non erano ancora in circolazione ai tempi del risorgimento, altrimenti qualcuno avrebbe certamente trovato il modo di incolparli anche per la disfatta di Caporetto.

Udinese-Brescia 1-2 del 26/9/04 (pag.122). Per il giudice, è determinante la chiacchierata tra Moggi e Baldas (sic!) riguardo Dattilo, effettuata la settimana precedente: Moggi gli chiede di difendere durante il “Moviolone” nella trasmissione di Biscardi l’arbitro. Il fatto che questa conversazione trovi spazio in una sentenza penale si commenta da sé. “Altro dialogo, essenziale ai fini probatori, fu quello del 26 Settembre alle 16:58, quando – appena finita la partita sotto accusa – Giraudo chiamò Moggi”. Cosa gli disse? “Dattilo è stato molto bravo ma se Dattilo è un po’ più sveglio dimezza l’Udinese”. Cos’era successo? Al termine di una partita molto tesa, si sfiorò la rissa e Dattilo cacciò fuori Jankulovski, reo di avere colpito con un pugno la faccia di un avversario. Qual è il problema? E chi lo sa! Forse Moggi e Giraudo avrebbero dovuto dimostrarsi affranti per il fatto che un giocatore dell’Udinese, prossima avversaria della Juve, sarebbe stato giustamente squalificato. Ma il giudice evidentemente la pensa in maniera diversa: Jankulovski andava risparmiato, anche se avesse accoltellato un avversario, perché espellendolo “il suo allenatore non poté schierare la migliore formazione” (pag.125).

Juve-Chievo 3-0 del 31/10/04 (pag.126). “L’elemento di prova a sostegno dell’accusa è dato dall’uso della scheda riservata in prossimità dell’incontro di calcio incriminato”. E allora “in campo non furono in contrapposizione i soli valori agonistici, potendo una delle contendenti contare su un arbitro fortemente di parte”. E infatti la vittoria casalinga sul temibile Chievo meravigliò tutti gli addetti ai lavori! Chi l’avrebbe mai detto, che una squadretta come la Juve avesse la meglio sulla corazzata veronese? La cosa strana è che dell’arbitro “fortemente di parte” non se ne sia accorto proprio nessuno: né i giocatori del Chievo, né i giornalisti (voto Gazzetta: 6,5). Ma tant’è… resta il fatto che la Juve si sia giocata un bonus importante in uno dei match-clou dell’anno.

Lecce-Juve 0-1 del 14/11/04 (pag.128). Il motivo fondamentale è quello della mancata sospensione operata da parte di De Santis</B>, nonostante le condizioni del campo non perfette. Allora, nessuno si sorprese troppo, visto che con la quantità di partite da giocare attualmente, neanche un uragano farebbe rinviare un incontro. Eppure, c’è chi si becca una condanna anche per questo! De Gregorio non si risparmia neppure di sottolineare “le solite polemiche sull’arbitraggio”. E allora vale la pena di rileggere ciò che scrisse Repubblica (un giornale notoriamente amico della Juve e di Moggi!) a commento dell’incontro: “(…)Il primo tempo si chiude con la Juve meritatamente in vantaggio (Ibrahimovic si divora due facili occasioni da gol), ma con il Lecce vivo e sempre in partita”. Nel secondo tempo: “(…)Azioni su azioni, le più pericolose le crea la Juve, ma al 44' Buffon si oppone da "Pallone d'Oro" al destro di Vucinic (forse Zeman avrebbe dovuto farlo entrare prima), è l'ultima emozione, vince la Juve, perde il Lecce, vince Del Piero, perde Zeman”. Polemiche? Non ve n’è traccia qui, come non ve n’è traccia neanche sulla Gazzetta dello Sport, che così commenta: “la Juve gioca una delle sue migliori partite della stagione, offrendo una straordinaria dimostrazione di forza fisica, oltre che tecnica, imponendosi meritatamente” . Per dovere di cronaca, va detto che la Gazzetta assegna all’arbitro un 5,5. Motivo? “Fischia ben 55 punizioni, fermando anche i sospiri”. Che ne abbia fischiate 50 a favore della Juve e solo 5 contro? No. Il tabellino recita: 29 falli commessi dalla Juve, 26 dal Lecce. Il lettore ci perdoni, se non abbiamo controllato anche “Il Romanista” e “Tuttotoro”.

Juventus-Lazio 2-1 del 5/12/04 (pag.131). Come spesso accade, il giudice preferisce spostare l’attenzione “dal terreno di gioco a quello del rapporto tra gli imputati”. E così, per un buon numero di pagine, rileggiamo intercettazioni in cui Pairetto si raccomanda con Dondarini: “Fai una bella partita” (magari per non essere condannato gli avrebbe dovuto dire di farla brutta?) e lo avvisa di fare particolare attenzione, perché quelli che va ad arbitrare “sono sempre un po’ particolari”. Che si riferisse agli juventini o ai laziali non è dato sapere, ma comunque lo si voglia interpretare, il dialogo non appare assolutamente compromettente: si tratta di un designatore che chiede ad un arbitro di fare bene il suo compito. A fine incontro, Moggi, evidentemente contento per il successo, si rivolge all’arbitro: “siccome quando ci sei tu in trasferta facciamo sempre 3-0 dirò a Gigi di mandarti sempre”. Cosa pensare a riguardo? Semplicemente che, non fosse stato Moggi a dire quella frase, a nessuno sarebbe venuto in mente di montarci sopra un capo d’imputazione. Ma a Moggi non erano concesse neanche le battute. A proposito, voto della Gazzetta a Dondarini? 5,5. Motivo: “Chiude gli occhi su due episodi più che sospetti che potevano fruttare un rigore a Ibrahimovic sull' 1-1 e uno a S. Inzaghi sul 2-1”. E anche in questo caso, i giornalisti della “rosa” non notarono nulla di strano.

Bologna-Juventus 0-1 del 12/12/04 (pag.135). A parte i soliti riferimenti ai contatti su schede straniere, viene citato un personaggio certamente super-partes: “il portiere del Bologna, l’esperto Pagliuca, parlò, tra l’altro, di arbitraggio costantemente ingiusto nei confronti della nostra squadra nel corso di tutta la partita”. Come se non bastasse, “Mazzone, il più anziano della serie A, definì quello di Pieri nell’occasione uno degli arbitraggi peggiori che ho visto in trenta anni di carriera… sconcertante quello che avevo visto fare all’arbitro”. Cosa dire? Un’indagine che si poggia sulle dichiarazioni di Pagliuca e Mazzone riguardo Moggi merita una sola domanda: se Beep-Beep fosse accusato di omicidio, sarebbe logico andare a chiedere di scagionarlo a Willy il Coyote?

Juventus-Udinese 2-1 del 13/02/05 (pag.138). La prima parte della motivazione riassume una serie di intercettazioni che vedono protagonisti Moggi e Giraudo, evidentemente nervosi per avere perso due partite di fila e convinti di essere in un certo senso “accerchiati”. Poi c’è la nota intercettazione sulla griglia con Bertini, Paparesta, Trefoloni, Racalbuto e Rodomonti, che Moggi prova ad indovinare ed azzecca. Giraudo, come al solito, è infilato dentro al capo d’imputazione grazie alla “concatenazione logica, temporale e funzionale” di un precedente incontro, intuito sulla base di intercettazioni e che pare di capire possa avere visto protagonisti Moggi, Giraudo e Pairetto. Argomento dell’incontro? E chi lo sa! Anche in questo caso, un po’ di cronaca non guasta. La partita prende subito una buona piega per la Juve, che al primo minuto va in vantaggio con Ibrahimovic. In apertura del secondo tempo, raddoppia Camoranesi. Effettivamente c’è anche una recriminazione, almeno a leggere la cronaca della Gazzetta: “solo una bandierina erroneamente alzata dell' assistente Gemignani induce l' arbitro a fermare l' azione che Fava aveva concluso con il colpo di testa dell' 1-2. Ma il cosiddetto gol della bandiera friulana arriva lo stesso, anche se a tempo scaduto con il bel tocco di Di Michele”. Peccato solo che, anziché Gemignani, l’imputato sia Rodomonti, che forse avrebbe dovuto rilevare l’errore del proprio guardalinee, correggendolo. Tra l’altro, nella pag.141 scopriamo che era l’altro guardalinee, Foschetti, quello “gradito alla società torinese”. Peccato… avesse sbagliato lui anziché Gemignani, l’accusa avrebbe trovato un importantissimo elemento in più!

Roma-Juventus 1-2 del 5/03/05 (pag.149). Per questo capo d’imputazione Giraudo è stato assolto (e già si grida al miracolo!). Ma troviamo ugualmente un commento riguardo la direzione di Racalbuto, che “apparve ai più sbilanciata a favore della Juve, soprattutto con riguardo ad un calcio di rigore molto dubbio concessole”. E allora andiamo a leggere l’articolo dell’evangelica Gazzetta, che effettivamente critica l’arbitro su diverse decisioni. Citiamone due, che magari il giudice non ha letto. La prima: “siccome Totti è sempre Totti, è lui a svegliare improvvisamente la squadra e il pubblico con un lancio sul quale si avventa Cassano, che scatta alle spalle di Montella e De Rossi in evidente fuorigioco e firma con uno splendido sinistro il gol del pareggio”. La seconda: “Ibrahimovic trova anche il gol su assist del solito Camoranesi, negato però dall' assistente Ivaldi che sbandiera un ingiusto fuorigioco. Ma per la Juve basta e avanza così” . E anche per noi.


</TD></TR></TBODY></TABLE>

</TD></TR></TBODY></TABLE>

gabriele
04.05.2010, 16:51
<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 width=570 border=0><TBODY><TR><TD class=style15 vAlign=center align=middle height=100>Supposizioni di primo grado. Parte VI</TD></TR><TR><TD align=middle colSpan=3 height=15>
</TD></TR><TR><TD align=left colSpan=4>L’aspetto determinante della sentenza di condanna a Giraudo è certamente quello inerente l’associazione a delinquere. In particolare, si rileva che la difesa nutriva seri dubbi sulla contestazione di “un reato previsto da una norma incriminatrice molto seria riguardo a fattispecie concrete, evidentemente giudicate non idonee ad incidere sui temi della sicurezza e della tranquillità sociale” (pag.161). De Gregorio ricorda l’importanza dell’industria-calcio, che muove forti capitali e, a suo parere, “costituisce il vero motore” del nostro Paese (evidentemente il giudice ha un’opinione estremamente bassa della situazione italiana!). A questo aggiunge le ripercussioni sui concorsi legati ai risultati sportivi ed agli introiti per mezzo di essi ricavati dallo Stato. Quindi l’associazione era “idonea a mettere in pericolo l’ordine pubblico, inteso in senso lato come insieme delle regole che tutelano tali beni-interessi e principi” (pag.162). Una bella acrobazia mentale, questa! Ma proseguiamo. Visto che di prove, in oltre 200 pagine di spiegazioni, non si trovano tracce, vale il solito principio: “in mancanza di prove dirette circa la costituzione dell’associazione, anche in questo caso, la prova dell’esistenza del sodalizio va desunta dagli indici rivelatori, prima ricordati” (pag.163). Quindi il ragionamento è semplice: Giraudo forse ha incontrato qualche volta Bergamo e Pairetto. Non sappiamo cosa si dissero in quelle occasioni, ma immaginiamo che tramassero qualcosa di losco. E allora è colpevole di associazione a delinquere. Con buona pace della presunzione d’innocenza.

“Quanto all’efficienza del sodalizio, altro sicuro indice rivelatore della sua esistenza, va sottolineato che esso raggiunse tutti gli scopi già programmati e quelli che, nel corso degli eventi, si propose di conseguire” (pag.166). Anche in questo caso, dal momento che sono “in corso di identificazione” gli altri associati, siamo costretti ad indicarne (a malincuore) uno: Alessandro Del Piero, che con una strepitosa rovesciata a S. Siro inventò l’assist per il gol di Trezeguet (anche lui associato?), che realizzò la rete decisiva per quel campionato e regalò la “vittoria finale alla Juventus – all’evidenza scopo principale del gruppo”.
Tra i mezzi a disposizione dell’associazione, ovviamente c’era l’influenza sulla carriera degli arbitri (e infatti si è visto come Collina, estraneo all’associazione, sia finito male!) e il controllo di importantissime e credibilissime trasmissioni come il Processo di Biscardi (pag.167). Interessante anche la strana situazione di Collina, che a pag.55 veniva definito “preferito” dalla Juve (in mancanza di Trefoloni) per lo scontro-scudetto a S.Siro e invece era stato escluso (con Rosetti) pochi mesi prima da una griglia, “per concorde volontà punitiva di Moggi e Bergamo” (pag.168).

Per comunicare, i membri dell’associazione utilizzavano le mitiche “schede riservate”. Tali oggetti “costituivano il mezzo necessario agli imputati per colloquiare”. “Il possesso e il conseguente uso di schede segrete deve essere considerato, oltre che come predisposizione di un minimum di mezzi comuni, come sintomo, insieme ai precedenti, di appartenenza all’associazione e del vincolo associativo tra i possessori e gli usuari” (pag.170). Peccato solo che Giraudo di quelle schede non fosse munito. In questo ragionamento, come in molti altri, è impossibile fare a meno di notare che generalmente si costruisce un’accusa a Moggi per poi condannare Giraudo. Il problema è che Moggi si sta difendendo (e bene!) da un’altra parte, mentre in questa sede ci si aspettava che l’attenzione fosse concentrata su Giraudo. Ma forse nella visione di De Gregorio il destino degli ex-dirigenti juventini è assimilabile a quello dei “due che ‘nsieme vanno”, che Dante immaginò e descrisse nella sua Divina Commedia.

Riguardo i singoli, Cassarà (pagg.173/174) se la cava con un’assoluzione, principalmente grazie al fatto che durante la stagione in esame ha arbitrato poco (scherzi del destino: c’è da immaginare che a suo tempo non fosse troppo contento di poter dirigere poche partite… e invece proprio quello l’ha salvato!).

Stessa sorte per Gabriele (pagg.175/177), nonostante le accuse di Dal Cin e Cellino: anche lui assolto per non aver commesso il fatto.

Buone notizie anche per Baglioni (pagg.177/179), assolto con la stessa formula dei precedenti, nonostante le dichiarazioni di Coppola (che lo indicava come amico di Mazzini), Cosimo Ferri e Cuttica. Ma soprattutto il buon Baglioni non viene condannato per quella bandierina alzata ai danni di Shevchenko. Meno male: tirano un sospiro di sollievo tutti gli assistenti di gara…

Il povero Pieri (pagg.179/182) è invece ritenuto colpevole, perché secondo la ricostruzione della PG ha parlato troppo con Moggi e da questi è stato difeso dalla mannaia del terribile Baldas (un po’ il David Letterman de noantri). E al giudice non interessa se con lui il Messina, tanto caro a Moggi, ha sempre perso: è colpevole, indipendentemente da come abbia arbitrato e da come siano andate le partite che lo videro in campo!

Lanese (pagg.182/185) è colpevole, in quanto “intrattenne frequenti e costanti rapporti” con gli altri imputati ed insabbiò la vicenda di Reggio Calabria (quella per la quale sarebbe scattata una squalifica dei due di qualche mese), che avrebbe certamente “nuociuto a Moggi e Giraudo, indebolendoli nell’ambiente”. E questa è davvero bella! In che senso avrebbe nuociuto? Forse Moggi e Giraudo, se quella storia fosse saltata fuori, sarebbero diventati antipatici?

Giraudo (pagg.186/195) è ovviamente colpevole. La lunga motivazione (dieci pagine!) ripercorre l’intera storia raccontata nel resto del documento. Si parla delle riunioni, comprese quelle a cui non prese parte ma di cui doveva essere a conoscenza, e soprattutto delle intercettazioni, in cui qualsiasi esclamazione è misurata sul bilancino da farmacista. Questa vicenda è certamente istruttiva: bisognerebbe sempre stare attenti a ciò che si dice al telefono. Con certe orecchie che possono ascoltare, si rischiano condanne per omicidi, senza bisogno che ci sia un cadavere! E così ritroviamo la storia sulla Fiorentina, che si appellava a Giraudo e continuava a perdere; rileggiamo i dialoghi tra Bergamo e la Fazi, in cui il primo raccontava delle sue mosse per mantenere la considerazione dei dirigenti juventini (peccato solo che quelle stesse mosse le ripeteva per tutte, o quasi, le squadre di serie A); troviamo l’ennesima riproposizione dell’intercettazione a Giraudo, in cui definisce Bergamo “amico” (grave reato, quello di essere amici!).
“Da ultimo, e ad abundantiam, va posto in rilievo che Giraudo fu colui che maggiormente si adoperò per isolare l’allenatore Zeman, grande critico della Juve e dei suoi dirigenti con le sue esternazioni su fatti specifici quali l’uso del doping, per cui anche Giraudo fu imputato”. È significativo che Zeman lo si ritrovi in apertura e in chiusura di questo lungo documento: il suo nome determina da solo il valore morale di questa sentenza. Non meno interessante è notare il ribaltamento delle responsabilità ben evidenziato nell’ultima parte di quella frase: Zeman si riferì a “fatti specifici”, sui quali anche Giraudo fu “imputato”. Una mezza verità non è troppo distante da una bugia: Giraudo non fu solo imputato, ma anche assolto per la vicenda doping! E se Giraudo fu assolto, significa che Zeman lo infangò gratuitamente, facendogli perdere un sacco di tempo nelle aule di tribunale.

Cosa rimane, a parte tanto amaro in bocca, al termine di questo primo grado? Al momento, abbiamo quattro condannati per associazione a delinquere, alla quale partecipava un solo arbitro, ma che fu capace di decidere le sorti dell’intero campionato. Prove a sostegno? Nessuna. Anzi, è il giudice stesso a sottolineare ripetutamente che si ragiona sulla base di indizi (pochi) e deduzioni (tante) . Riguardo Giraudo, poi, a fare la differenza sono un paio di discussioni telefoniche in cui se la prende con Lotito e con Zeman.
Per oltre 200 pagine si parla quasi esclusivamente di persone che saranno giudicate altrove, ma poi tutto si riversa sulla pelle dell’ex Amministratore Delegato della Juve, mediante formule non troppo dissimili al mitico “non poteva non sapere”.
Le partite incriminate non furono contestate da nessuno (se non per i classici commenti di chi, sconfitto, è ovviamente deluso) e in questi quattro anni sono state messe sotto la lente di ingrandimento, senza trovare nessuna anomalia. Ma è lo stesso giudice a spiegarci che non conta come l’arbitro abbia fischiato. Anzi, non conta neppure il risultato: Pieri ha arbitrato due volte il Messina e per due volte il Messina ha perso. Ma lui era comunque parte di un’associazione che aveva come fine quello di salvare il Messina. De Santis, ogni volta che arbitrava la Juve, scatenava l’ira di tutti i tifosi bianconeri. Ma pare di capire (anche se qui non potevano condannarlo, visto che sarà giudicato a Napoli) che anche lui facesse parte di un’organizzazione che aveva come fine quello di fare vincere la Juve.
A questo punto rimane un solo dubbio. Secondo questo giudice, il mitico arbitro Byron Moreno faceva parte di un’associazione che tentò di fare vincere il Mondiale all’Italia?


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